Gli
Austere dei primi due, meravigliosi, album non esistono più.
Il loro ritorno sulle scene, datato 2023, ci riconsegnava un gruppo, per me, leggendario, che tuttavia aveva abbandonato, non proprio del tutto in verità, quel depressive black metal degli esordi che aveva letteralmente distrutto il mio cuore a favore di "qualcosa" di diverso, sicuramente meno straziante di quello che era stato.
Il nuovo album
"The Stillness of Dissolution", il terzo rilasciato dopo il ritorno del duo australiano, prosegue sulla scia dei suoi immediati predecessori consegnandoci un concentrato di malinconia e note tristi, che qui e la sanno ancora emozionare profondamente, scavato sulla scia dei Katatonia che furono (ascoltate con attenzione i giri di chitarra) e dei Rotting Christ nella loro dimensione dark e più gotica.
Gli
Austere, dunque, perdono, in parte, la loro identità, e si allontanano, forse definitivamente, dal DSBM, riuscendo, comunque, a dipingere quelle linee emozionati e ricche di pathos che da sempre caratterizzano la loro musica, sebbene la strada scelta per farlo sia ben diversa dal passato (con l'eccezione del brano conclusivo) e più vicina, in molti frangenti, ad un moderno shoegaze black che, con le influenze a cui accennavo in alto, completa lo spettro espressivo di un album intimo, oscuro, di certo etereo ma non più dilaniante.
Probabilmente gli
Austere sono cresciuti e guardano al mondo con occhi meno "selvaggi", e, sicuramente, è giusto sia così, poichè suonare quello che si sente (davvero) è ciò che ogni artista dovrebbe fare, disinteressandosi dunque di ogni altra logica, ed in questo i Nostri non sono criticabili in nessun modo confermando il loro status di musicisti veri e, senza ombra di dubbio, di grande classe.
La magia del passato, probabilmente, non tornerà più, ma restano la qualità odierna e la capacità, innata, di saper colpire le corde più profonde del nostro animo e del nostro cuore.
In ogni caso, album da avere, senza remore, per coloro che sanno ancora sognare ad occhi aperti.
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