I
Deinonychus, alfieri del Black/Doom olandese in corsa dall'ormai lontano 1992, capitanati dal valoroso cantante/chitarrista e bassista
Marco Kehren (la voce dei
Bethlehem nel capolavoro del '98
"Sardonischer Untergang im Zeichen irreligiöser Darbietung"), si ripresentarono anno scorso, fine 2024 dunque, con
"Fatalist", nono full-length rilasciato tramite il patrocinio della
Ván Records.
Fin dall’esordio, con l’album
"The Silence of December" (1995) – che a mio avviso insieme a
"Winterstones" (1995) dei
Lugubrum, uscito nel medesimo anno, ha influenzato un certo modo di suonare questa sfumatura dell'estremo dai tratti Depressive – la musica della band si è caratterizzata per atmosfere oppressive, disperate e decadenti, fondendo in unico costrutto le frange Funeral del Doom, le propaggini atmosferiche della fiamma nera e quelle più melanconiche del
Conte, bensì anche di realtà DSBM come appunto i Bethlehem. A tutto ciò si deve unire una forte predisposizione per le dissonanze ai limiti del Noise, che li porta frequentemente in territori Avantgarde dai contorni Sludge. Quest'ultima sfumatura non era presente nell'esordio, tuttavia, alcuni elementi, seppur in fase embrionale, alla luce dell'evoluzione attuale del gruppo, li si potevano già intravedere.
Il senso di oppressione generato dall'ascolto di
"Fatalist" è elevatissimo: un flusso sonoro abrasivo, corposo e al contempo stordente, dove i frangenti cadenzati assumono di frequente ritmi incalzanti in mid tempo, fino a pervenire a momenti ancora più sostenuti con tanto di semi blast beat.
Un macigno nero asfissiante e al tempo stesso dinamico. Angosciante, lisergico, denso di mestizia benché anche catartico.
Per quanto mi riguarda supporto incondizionato.
Recensione a cura di
DiX88
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